Nel cuore dell’Africa, a tu per tu con gli ultimi gorilla
Il termine “primati” (dal latino primates, cioè “nobili, del più alto rango”) è entrato in uso nel XVIII secolo e all’inizio definiva in generale gli organismi zoologicamente più evoluti del regno animale e cioè gli uomini e le scimmie, senza affatto intendere che queste ultime fossero le nostre antenate. Per cominciare a immaginare l’atavica parentela bisognerà aspettare un secolo e la pubblicazione, nel 1859, di L’origine delle specie di Charles Darwin, che con la sua teoria dell’evoluzione ha cambiato per sempre l’idea stessa di genesi dell’umanità, e ha dato una ragione scientifica a quel fascino che ci cattura ogni volta che constatiamo la sbalorditiva rassomiglianza tra noi e i primati.
Gorilla di montagna
Le foreste pluviali africane nascondono e proteggono ancora diverse specie di grandi scimmie antropomorfe, tutte a rischio di estinzione. Tra queste, la più conosciuta è il gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei), che vive sui monti Virunga ai confini di Ruanda, Uganda e Repubblica Democratica del Congo, ad altitudini comprese tra i 2.200 e i 4.300 metri dei vulcani Karisimbi, Mikeno e Visoke, dove la vegetazione è densa e abbondante, l’ideale per la sua dieta, che è totalmente vegetariana.
Nonostante il permanere di uno stato di allerta per la sopravvivenza di questi gorilla, l’isolamento in aree protette nei parchi nazionali ne ha favorito una lenta crescita: oggi si aggirano intorno a 880 individui, grazie agli sforzi di diverse organizzazioni e agli investimenti per lo sviluppo delle zone di insediamento. Tuttavia, è soprattutto il reddito generato dal turismo a sostenere le pratiche per la tutela e conservazione della specie.
Secondo il grado di consuetudine con gli uomini, si possono distinguere tre tipi di gorilla: quelli totalmente selvatici, quelli “semiabituati” alla presenza umana, a cui hanno accesso solo i ricercatori, e i cosiddetti “abituati”, gradualmente educati al contatto con l’uomo nel corso di un iter che dura per due anni.
Durante il periodo di “formazione”, una volta al giorno, diversi ranger si avvicinano ai gorilla, di solito sempre alla stessa ora, trascorrendo con loro diverso tempo in modo da istituire una routine confortevole per tutti e un contatto regolare, che consente tra l’altro il migliore monitoraggio e l’anticipazione di eventuali malattie (la perdita di un solo gorilla avrebbe un impatto notevole, dato il numero molto basso di esemplari). Al termine di questo processo biennale di educazione è possibile far avvicinare ai gorilla anche nuovi visitatori.
Ecco come avviene l’incontro. Al mattino ci si alza presto per raggiungere la stazione di controllo del parco nazionale. Una volta arrivati sul posto, i ranger formano piccole squadre di otto-dodici persone e si inizia il trekking di avvicinamento. Ogni gruppo viene indirizzato verso una particolare famiglia di gorilla “abituati” che, a seconda del periodo dell’anno, si possono trovare in quota oppure più a valle a raccogliere bacche e frutti selvatici.
A causa del rischio di trasmissione di malattie umane, il contatto con i gorilla è vietato a chiunque abbia sintomi anche leggeri, come un raffreddore (nell’area congolese è comunque obbligatorio l’uso della mascherina). Per tutte le escursioni sono necessari buoni scarponi, pantaloni lunghi e maniche lunghe, poiché, addentrandosi nella foresta pluviale, spesso ci si deve fare strada nel folto della vegetazione.
Un gruppo di tracker parte qualche ora prima per localizzare i gorilla e guidare quindi i visitatori via radio: naturalmente, la camminata potrà avere durate diverse a seconda della zona in cui si trovano i primati.
Giunti a un determinato punto del percorso, i ranger indicano dove lasciare gli zaini e, soprattutto, il cibo che abbiamo con noi. Si può portare invece la macchina fotografica per immortalare l’incontro imminente. Di lì in poi si deve parlare a voce bassa e muoversi in fila indiana seguendo la direzione indicata dalla guida. Il cuore comincia a battere più forte per l’eccitazione, mentre i suoni della giungla si percepiscono in modo diverso. L’atmosfera è molto umida e fresca. Si avverte la stanchezza nelle gambe perché a questo punto il dislivello superato è già di diverse centinaia di metri.
La visita è organizzata dagli specialisti con la massima precisione, in modo da poter raggiungere i gorilla a mezzogiorno, ora in cui fanno la sosta principale della giornata per riposarsi, intrattenere relazioni, giocare, dedicarsi all’igiene: è il momento migliore per incontrarli. Una volta avvistati, ci si avvicina lentamente e poi ci si accovaccia in una posizione di sottomissione con la testa rivolta inizialmente verso il basso. È comune che il maschio dominante, il silverback, si avvicini per chiarire chi ha l’autorità nell’area; bisogna fargli capire altrettanto chiaramente che sappiamo che è lui a comandare.
Per i prossimi quarantacinque minuti, non più a lungo, saremo spettatori privilegiati della vita di una famiglia di gorilla di montagna. I più piccoli, irrequieti e curiosi, si avvicinano e ci guardano con lo stesso interesse e stupore con cui li osserviamo noi.
Un maschio di gorilla di montagna può pesare fino a duecento chili e raggiungere un’altezza di oltre due metri. La gestazione dura otto mesi e mezzo e tra una nascita e l’altra passano tre o quattro anni, poiché i piccoli dipendono dalla madre fino al terzo o quarto anno di età. La loro aspettativa di vita è tra i trenta e i cinquant’anni.
In Ruanda, Wilderness Safaris ha aperto il Bisate Lodge, con solo sei capanne dotate di ogni comodità, stabilendo nel Paese un nuovo punto di riferimento per i tour guidati nel parco nazionale (l’età minima per visitare un gruppo di gorilla è di quindici anni). In Uganda, un’ottima base è il Cloud’s Mountain Gorilla Lodge, sette chalet costruiti a più di 2.000 metri di altitudine con vista sulla giungla e sui vulcani Virunga; l’area è chiamata Foresta Impenetrabile di Bwindi ed è la casa dei gorilla in Uganda; i sei gruppi di individui “abituati” che vi risiedono possono essere avvicinati da sessanta visitatori al giorno, suddivisi in sei gruppi di dieci persone ciascuno.
Gorilla di pianura
Nel bacino del fiume Congo vive la sottospecie di Gorilla gorilla gorilla, la cui popolazione si aggira sui 20.000 individui. Una delle più autorevoli primatologhe del nostro tempo, la spagnola Magdalena Bermejo, gestisce un progetto di ricerca su questi primati al quale gli ospiti hanno la possibilità di partecipare in prima persona al Ngaga Camp, nella Repubblica del Congo. Allestito in una delle aree più isolate del mondo nel parco nazionale di Odzala-Kokoua, è raggiungibile solo con aerei leggeri ed è attrezzato per accogliere in tutta sicurezza piccoli gruppi di visitatori in sei chalet costruiti sugli alberi.
L’esperienza è diversa da quella del Ruanda e dell’Uganda. Qui siamo a bassa quota, profondamente immersi nella giungla. È necessario indossare una mascherina per non trasmettere eventuali malattie ai primati, munirsi di un buon repellente per zanzare e indossare una zanzariera intorno alla testa. Così attrezzati si esce e ci si mette direttamente alla ricerca dei gorilla e, a seconda della fortuna, li si potrà trovare dopo una piacevole passeggiata oppure dopo una lunga escursione nella vegetazione tropicale più fitta, un’esperienza che già di per sé è emozionante.
Nelle foreste pluviali africane vivono anche le più piccole tra le grandi scimmie antropomorfe, e le più affini alla specie umana, gli scimpanzé. Per osservarne da vicino l’affascinante comportamento si può partire da due località strategiche in Tanzania e in Uganda.
Benché prevalentemente vegetariani, gli scimpanzé sono onnivori, quindi, oltre a nutrirsi di frutti e foglie, cacciano conigli, maiali, uccelli e persino altre scimmie, organizzando complesse battute di caccia in gruppi cooperativi. A differenza dei gorilla, non hanno un momento di sosta specifico durante la giornata e bisogna perciò seguirli nella foresta, sempre accompagnati da guide esperte.
In Tanzania, sulle rive del Lago Tanganica (il secondo al mondo per volume e profondità), sotto i monti Mahale, dove è nata la leggenda di Tarzan, il Conte di Greystoke, si trova il campo Greystoke Mahale. Con le sue sei capanne costruite con materiali locali e armoniosamente inserite tra la spiaggia e la foresta tropicale, è la base perfetta per entrare in contatto con una delle comunità di scimpanzé più numerose del pianeta.
Dal campo si parte a piedi accompagnati dalle guide. L’inseguimento dura di solito da una a due ore, poi, una volta volta raggiunti gli scimpanzé, si trascorre un’ora in loro compagnia, assistendo alle dinamiche del gruppo e ammirandone i gesti, i suoni e le espressioni, nel contesto di masterclass che le guide tengono sul campo.
In Uganda, nella Riserva forestale di Kibale, si alloggia al Kyaninga Camp, nelle nove capanne che si affacciano sulla caldera di un vulcano trasformata in un lago. Di qui partono escursioni che si svolgono in gruppi di sole sei persone e durano dalle due alle tre ore.
Come si è visto, ovunque i campi e i lodge hanno pochissimi alloggi e i permessi per vedere i gorilla o gli scimpanzé sono sempre molto limitati, poiché le visite possono essere effettuate solo in gruppi di dodici persone al giorno al massimo; è un dato fondamentale, da tenere sempre presente quando si organizza un viaggio per incontrare questi primati.