viaggi uganda gorilla di montagna rafiki.
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  • Emozionante

Addio, Rafiki

Testo di Gonzalo Gimeno

Nel 2020, in Uganda, due bracconieri che stavano cacciando per procurarsi da mangiare, si sono imbattuti nel gorilla più famoso del Parco nazionale di Bwindi; nello scontro lo hanno ucciso, danneggiando l’economia della regione, in gran parte dipendente dalle attività turistiche  

I gorilla di montagna vivono nella catena vulcanica dei Virunga, tra Uganda, Ruanda e Congo. Nel corso degli anni, la crescita demografica della regione ha portato al disboscamento di vaste aree che sono state destinate alla coltivazione e all’allevamento, riducendo notevolmente l’habitat naturale dei gorilla e causando scontri tra questi ominidi e gli agricoltori. Sorge quindi la domanda: perché proteggere gli animali e la foresta quando la gente ha fame e c’è bisogno di terre fertili da coltivare?

Da diversi anni i gorilla sono stati dichiarati una specie in grave pericolo di estinzione; la loro vicenda è divenuta famosa nel 1988 con il film Gorilla nella nebbia, basato sulla storia della zoologa statunitense Dian Fossey, che fu uccisa dai bracconieri per aver cercato di proteggere questo delicato ecosistema.

viaggi uganda gorilla di montagna Parco nazionale di Bwindi.
Attualmente sono diciotto i gruppi di gorilla di montagna che possono essere osservati a Bwindi.
Durante la pandemia di coronavirus Rafiki è stato ucciso da una lancia dei bracconieri. In realtà, il gorilla è morto a causa della crisi generata dalla stessa pandemia.

La morte di Rafiki (“amico” in lingua swahili) è avvenuta per le stesse ragioni che portarono a quella di Dian Fossey: il difficile equilibrio tra conservazione dell’ambiente ed economia locale. Quando una popolazione ha bisogno di risorse e le ha a portata di mano, si domanda perché per alcuni uomini la vita di un gorilla sembri valere più della loro. È questo il grande dilemma dei modelli di salvaguardia ambientale in Africa, ed è stato dimostrato che il bracconaggio e i conflitti continueranno finché non si raggiungerà un equilibrio tra i benefici per le comunità locali e quelli per l’ecosistema.


 

L’Uganda ha optato per l’abolizione della caccia in tutto il suo territorio e per la creazione di un modello di sostenibilità e di sviluppo basato sul turismo. L’idea è già stata sperimentata in Paesi vicini come il Kenya, e ha portato finora buoni risultati. La creazione del Parco nazionale di Bwindi ha fornito un territorio protetto per i gorilla.

In Uganda è stato istituito un sistema di quote e di permessi in base al quale ogni visitatore che desideri accedere a Bwindi deve versare seicento dollari. Inoltre, ogni struttura ricettiva (lodge, hotel o campeggio) che opera nel parco nazionale paga alla comunità locale una quota fissa per ciascun turista accolto (si tratta delle cosiddette “tasse comunitarie”, pari a circa cento dollari per persona) e una tassa governativa per la licenza operativa sotto forma di imposte. 

Infine, è stato subito chiaro che le migliori guide per addentrarsi nel territorio erano i bracconieri stessi, in quanto si servono di eccellenti tracker, e sono profondi conoscitori delle montagne. Così, da un giorno all’altro, le loro competenze sono diventate uno dei fattori più importanti per il successo del modello di conservazione ambientale.

I gorilla vivono in gruppi familiari imparentati fra loro e composti da un numero di esemplari compreso tra dieci e quaranta, con un maschio dominante, proprio come era il capobranco Rafiki. Attualmente a Bwindi ci sono diciotto gruppi che possono essere avvicinati. I gorilla devono essere abituati alla presenza umana e addestrati all’incontro con un processo che richiede circa due anni. 

Un gruppo di gorilla può essere avvicinato da sei-otto visitatori ogni giorno, circa alla stessa ora, insieme con una guida specializzata, un tracker e un ranger del parco nazionale.

trekking con i gorilla Parco nazionale di Bwindi Uganda
Le escursioni turistiche per l’osservazione dei gorilla diventano un’occasione per sorvegliare e tutelare gli animali stessi.

Ho visitato più di settanta Paesi, ho viaggiato in molte giungle e in angoli selvaggi del pianeta, ma poche esperienze mi hanno toccato così intimamente come guardare una madre gorilla che dorme con il suo cucciolo tra le braccia o ricevere una “lieve” spinta da Rafiki che mi butta nel fango per chiedermi “permesso” e farsi strada attraverso la fitta vegetazione. 

Nel marzo del 2020 il mondo si è chiuso in casa e i turisti, custodi dei gorilla, sono scomparsi da un giorno all’altro, mettendo in crisi l’economia di un’intera regione e lasciando che molte famiglie, il cui reddito dipendeva dal turismo, andassero a caccia per sopravvivere. E dov’è garantita la caccia? Nel Parco nazionale di Bwindi...

Il 12 giugno del 2020, due bracconieri, mentre stavano cacciando per procurarsi qualcosa da mangiare, si sono imbattuti in Rafiki e, nello scontro, lo hanno ucciso con una lancia, eliminando così una delle principali fonti di reddito della regione.

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I cuccioli di gorilla dipendono dalla madre per i primi quattro anni di vita.
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Gonzalo Gimeno tra due ranger durante la sua visita al Parco nazionale di Bwindi, in Uganda.

I bracconieri erano consapevoli del valore che Rafiki rappresentava per l’intera comunità? Siamo noi stessi consapevoli dell’impatto sociale ed ecologico che le nostre vacanze in Africa possono avere? Scattare una foto a un gorilla di montagna per caricarla su Instagram può sembrare un’azione quasi insignificante, ma quella foto, invece, permette ai gorilla e alle persone di quella regione di coesistere e di generare uno stile di vita basato su una vera sostenibilità. 

Rafiki aveva venticinque anni quando è morto ed era il leader del gruppo di Nkuringo che conta diciassette membri. È stato il primo gruppo ad abituarsi alla presenza umana nel 1997, e presto è diventato la principale fonte di prosperità della regione. Secondo l’UWA (Uganda Wildlife Authority), l’organismo che monitora i gorilla, esiste la possibilità che il gruppo venga controllato da un nuovo capobranco selvatico oppure che si disgreghi; in entrambi i casi, le visite dei tanto necessari turisti non saranno più possibili.

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Rafiki era il leader del gruppo Nkuringo, composto da diciassette gorilla.
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L’aspettativa di vita dei gorilla in natura è di trentacinque-quarant’anni.

Per il vostro prossimo viaggio vi invito quindi a pensare all’Africa in una nuova prospettiva, quella della sostenibilità reale, e diretta alla tutela, in questo caso di un gorilla che, quando vi guarda dritto negli occhi, vi fa sentire quanto uomo e animale siano vicini.

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