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Radhika Hettiarachchi: “Sono le madri le custodi della storia”

A cura della redazione

Impegnata in processi di pace e di riconciliazione, la studiosa e curatrice d’arte singalese racconta come è nato e come si è evoluto Herstory, progetto-archivio da lei promosso nel 2012, fondato sulle storie delle madri i cui figli sono scomparsi durante la guerra civile in Sri Lanka

Dal 2016 Radhika Hettiarachchi guida The Community Memorialization Project che, attraverso il sito web www.memorymap.lkricrea una mappa della memoria storica dello Sri Lanka basata sui ricordi di centinaia di donne provenienti da tutto il Paese. Con testimonianze orali e lettere scritte a mano, esse raccontano i loro lutti, esprimendo sentimenti di perdono e di speranza verso un Paese bello, umile e generoso, abituato a risorgere continuamente dalle proprie ceneri. 

Che cos’è MemoryMap? 

Sono cresciuta vedendo la mia gente uccidersi a vicenda in una sanguinosa guerra civile che dal 1983 al 2009 ha causato 100.000 morti e 400.000 sfollati. Il conflitto è finito da tempo, ma molte madri non potranno mai piangere i figli morti o scomparsi perché non hanno mai saputo cosa gli fosse successo, e sono state messe a tacere. Ho voluto raccoglierne le esperienze perché sono loro le depositarie della memoria della guerra attraverso fotografie, lettere, alberi genealogici...


Il progetto, nato come Herstory e ora su Memorymap.org, include storie di donne e comunità provenienti da 320 località dello Sri Lanka, con l’obiettivo di archiviare e salvare la memoria delle esperienze di violenza, in modo da poter continuare a costruire il nostro futuro portando in luce un passato che è esistito e che non possiamo né nascondere né dimenticare.

“Questo progetto collega madri del nord, del sud e dell’est dello Sri Lanka, unite da un comune senso di perdita”.

Come definirebbe le testimonianze raccolte in questo archivio digitale della memoria? 

Sono storie autentiche e reali, alcune drammatiche, tutte caratterizzate da una stessa volontà di ripresa e di rinascita.

Ho cercato di comporre l’archivio includendo lettere scritte a mano, mappe della memoria, alberi della vita e resoconti orali, tutte tracce che altrimenti sarebbero scomparse. Questo progetto mira a dare visibilità a tutti i loro autori.

Lettere, disegni, mappe... In che modo questa creatività rafforza il suo progetto sociale? 

Per me l’arte ha sempre agito anche come mezzo di comunicazione, è un amplificatore delle questioni sociali e un complemento perfetto dell’attivismo. L’arte crea un quadro più olistico rispetto alle relazioni che possiamo intrattenere in altri modi, e offre una possibilità di connessione e di empatia che i numeri e i dati da soli non riuscirebbero mai a stabilire, specie riguardo a un progetto come questo. 

L’arte dà forma all’intangibile e connette le persone a livelli profondi. Raccontare in modo creativo aggiunge una forza di comunicazione non verbale molto importante. Permette a ogni storia di esprimersi in modo diretto senza alcuna censura o manipolazione. Non scrivo articoli sulle storie né aggiungo le mie opinioni su di esse, le racconto semplicemente così come sono.

Questi “alberi della vita” sono stati disegnati da ciascuno degli intervistati. La terra rappresenta la loro vita attuale; le radici, la storia familiare; il tronco, la loro esperienza di vita; i rami, i sogni e i desideri. I frutti, le cose belle della vita e le foglie, le persone che apprezzano.



 

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Foto: MemoryMap.

Qual era il senso iniziale del progetto quando lo avete avviato nel 2012? 

Dopo la fine della guerra, il governo dello Sri Lanka ha generato un’unica narrazione trionfalistica basata sull’affermazione di aver vinto la guerra e liberato il popolo e sul concetto – molto maschile – del vincitore contro il vinto. La guerra si è conclusa con una soluzione militare, mentre il conflitto socio-economico ed etnico è continuato. Per questo motivo ho pensato che fosse necessario catturare, documentare e trasmettere le storie di una delle parti più colpite: le donne che hanno perso figli, mariti, fratelli... Altrimenti, ne ero certa, le loro testimonianze si sarebbero perdute per sempre.

“L’arte e la creatività danno forma all’intangibile, mettono in contatto le persone a livelli molto profondi e rendono ogni storia potentemente espressiva e immediata”.

Come ha raccolto tutte queste testimonianze? 
 

Viaggiando con un furgone sono andata di villaggio in villaggio, e ho incoraggiato le madri a scrivere la loro storia in forma di lettera e disegnando il proprio albero della vita, come una cronologia. Molte di esse, appena interpellate, mi dicevano che la loro vita non era niente di speciale, ma mentre raccontavano si rendevano finalmente conto di essere delle vere eroine.

La mia idea era di raccogliere cento storie in un anno, e ho finito per documentarne quasi trecento… Ne intervistavo una, che poi chiamava le altre che volevano parlare… Alla fine il progetto ha dato voce a tutte, e a tutte ha restituito il giusto ruolo nella storia.

Perché la testimonianza delle madri? 

Sono loro le custodi della storia, della memoria familiare. Le ho pregate di raccontarmi chi erano fin dall’inizio, e di raccontarsi non solo come madri ma come donne forti e coraggiose, aiutandole a inquadrare la loro vicenda intima e personale in una prospettiva storica.

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Radhika Hettiarachchi durante la nostra intervista all’Art Gallery Café di Colombo, sua città natale.

Senza dubbio per tutte le intervistate deve essere stata un’esperienza molto terapeutica...

Certamente! Quando leggono la loro storia e si rendono conto di ciò che hanno fatto, diventano consapevoli del coraggio che hanno avuto e del valore che le contraddistingue come madri ma soprattutto come donne.

Radhika ci saluta con un sorriso mentre si accarezza il pancione (al momento della nostra intervista, le mancava poco più di un mese per dare alla luce la sua prima figlia). È convinta che la maternità la aiuterà a capire più a fondo il sentimento che l’ha spinta a valorizzare le voci e la memoria di tutte le madri dello Sri Lanka che hanno perso i loro figli durante la guerra.

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Il progetto MemoryMap ha documentato le storie di quasi trecento madri che hanno perso i loro figli durante la guerra civile dello Sri Lanka. Foto: MemoryMap.

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