L’ascesa al Nido della Tigre: un viaggio spirituale in Bhutan
L’anima del Bhutan è nascosta nella Valle di Paro. Tra le sue montagne, il monastero di Taktsang Palphug, conosciuto come il Nido della Tigre, sfida la gravità e il tempo. Raggiungerlo è un pellegrinaggio in alta quota che a ogni passo rivela il legame indossolubile tra la natura, la religione e l’uomo avvicinando ogni viaggiatore al suo mondo interiore
Il Nido della Tigre, fondato nel 1692, è stato costruito intorno a una grotta dove, nell’VIII secolo, il guru Padmasambhava, una figura chiave del buddismo tibetano, si era ritirato a meditare, giungendovi, secondo la leggenda, volando sul dorso di una tigre. Questo mito rafforza l’importanza spirituale del monastero, facendone un simbolo della devozione e della fede che permeano la vita in Bhutan.
Nel 1998, il monastero ha subito un devastante incendio, ma è stato restaurato nel 2005 come atto di resistenza culturale, per preservarne l’eredità e rimarcare l’importanza delle radici culturali di questo piccolo Paese.
L’escursione al Nido della Tigre inizia prima dell’alba, quando la nebbia ricopre la Valle di Paro e l’aria è fredda, con una temperatura che scende spesso sotto lo zero. Il trekking, che parte a 2.600 metri di altitudine, si addentra dapprima in una fitta pineta. Lungo il sentiero, bandiere tibetane dai colori vivaci si muovono al vento, portando messaggi di pace e di compassione, mentre le ruote di preghiera girano con l’energia accumulata da generazioni di pellegrini.
- Controllo dell’altitudine nel quarto tratto di salita. —
- Vista del percorso dalla base della montagna, con il Nido della Tigre che pare incastonato nella roccia. —
- L’ultima parte del percorso richiede uno sforzo ulteriore a causa delle scale metalliche. —
- La cascata e un piccolo tempio lungo il cammino.
Il primo punto di riferimento importante è un belvedere a 2.950 metri, dove il monastero appare per la prima volta sospeso sulle rocce. La scena sembra irreale, un perfetto equilibrio tra opera umana e natura. È un luogo in cui molti viaggiatori si fermano a contemplare il paesaggio e a recuperare le forze prima di proseguire oppure di tornare indietro, soddisfatti del panorama.
A mano a mano che si sale, l’aria diventa più rarefatta e il sentiero più faticoso. La seconda tappa porta gli escursionisti a un punto più alto, più vicino al monastero, situato a 3.120 metri. Qui, lo sforzo fisico inizia a farsi sentire intensamente, ma il panorama ricompensa chi resiste. Durante l’ascesa è frequente incrociare pellegrini locali, monaci avvolti nelle loro vesti cremisi e viaggiatori provenienti da luoghi lontani, tutti legati da uno stesso afflato spirituale.
Il tratto finale comprende una discesa in una profonda gola e l’attraversamento di un ponte accanto a una cascata. Il fragore dell’acqua che precipita dall’alto contrasta con la quiete del monastero. A mano a mano che si avanza, l’aroma dell’incenso si intensifica, avvolgendo i camminatori in un’atmosfera di raccoglimento. Gli ultimi passi sono i più difficili: oltre settecento ripidi gradini che culminano all’ingresso del Nido della Tigre. All’arrivo, la serenità del luogo e la bellezza delle sue lampade a olio che illuminano le mura secolari creano una sensazione di totale distacco dal mondo esterno.
Per chi vuole andare oltre, c’è un percorso meno conosciuto che sale a un piccolo tempio sopra il monastero. Questa tappa ripida e poco battuta offre una ricompensa speciale: viste sconfinate sulla Valle di Paro e una totale, mistica intimità con il paesaggio.
In Bhutan, i monasteri sono molto più che templi; sono epicentri culturali e spirituali dove la vita religiosa e quella quotidiana si incontrano e si fondono. Il Nido della Tigre non fa eccezione, rappresentando sia la resilienza del buddismo bhutanese sia il legame del Paese con le sue tradizioni ancestrali. I visitatori, quando percorrono i suoi sentieri, affrontano sì una sfida fisica, ma soprattutto, salendo, possono vivere il viaggio più appagante, quello dentro di sé.