La vostra Africa ovvero il safari perfetto
Il luogo e il tempo sono i primi due criteri per la scelta di un safari.
In Africa orientale, inconfondibile set dei documentari della domenica pomeriggio, Kenya e Tanzania sono le mete ideali grazie alle sconfinate praterie che forniscono il cibo alle mandrie di erbivori e ai carnivori.
La Grande Migrazione indica la transumanza di oltre un milione e mezzo di gnu e di zebre che si spostano tra la riserva di Masai Mara e il parco nazionale del Serengeti, seguendo il ciclo delle piogge alla ricerca delle praterie più verdi. Sebbene l’attraversamento del fiume tra le due zone (simboleggiato dalla classica immagine delle fauci di coccodrillo in attesa degli gnu) sia particolarmente spettacolare intorno al mese di luglio, questo movimento di mandrie è costante più o meno tutto l’anno. L’essenziale è perciò scegliere l’area da visitare in base alla posizione della mandria durante il mese in cui si viaggia.
Per avere un’idea della vastità di questa regione, la superficie del Serengeti e del Masai Mara si estende per oltre 15.000 chilometri quadrati, più o meno come l’intera Calabria. E bisogna poi considerare che ogni mese la mandria si trova in un punto diverso. I carnivori seguono gli erbivori e la probabilità di vedere un gran numero di animali dipende dall’esperienza dell’organizzatore del safari.
La stagione delle piogge, detta anche stagione verde (da novembre a tutto aprile), è la più bella per i fotografi, per la ricchezza della vegetazione, le forme delle nuvole e i tramonti in cieli stupefacenti; durante questo periodo, che coincide anche con la nascita dei piccoli degli erbivori, gli animali si trovano sparsi tra fiumi, stagni e pozze. Al contrario, durante la stagione secca, essi si concentrano nelle poche aree con acqua disponibile ed è facile vederli in gran numero proprio intorno alle pozze residue.
Dunque, a seconda di quando si vuole partire, si individua la propria destinazione. Con i giusti suggerimenti, si può fare un safari tutto l’anno senza rischio di rimanere delusi.
Un safari può essere meraviglioso oppure diventare un’esperienza di giorno in giorno più monotona: l’occhio umano si abitua a tutto, e quella che appariva una stupenda zebra il primo giorno, il terzo potrà sembrare un mulo a strisce. Ecco perché quando si progetta un safari è importante studiare con attenzione la topografia.
In Africa la mutevolezza del territorio fa sì che si possano trascorrere alcuni giorni di fila in ambienti sempre diversi, e sebbene capiti di vedere gli stessi animali, cambiando tipo di luogo cambia comunque il loro comportamento. Potreste incontrare un branco di elefanti nella savana tra gli alberi di acacia e, se scegliete la zona giusta, in pochi giorni potreste rivederli nuotare in un fiume infestato di coccodrilli o attraversare il deserto perdendo molto peso a causa della disidratazione. Gli animali sono gli stessi, ma cambiano le abitudini e a volte anche l’aspetto.
La molteplicità degli ecosistemi africani è così variegata, che sarebbe impossibile scoprirli tutti in un unico viaggio. Si va dai deserti del Namib e del Kalahari alle grandi saline di Makgadikgadi (sono più estese del Molise), al bacino del Congo, allo Zambesi con il suo pesce tigre; dalle pianure del Masai Mara e del Serengeti al delta dell’Okavango, lo straordinario fiume che scorre e muore verso l’interno anziché verso la costa, fino al Capo di Buona Speranza dove le balene si riuniscono una volta all’anno e dove enormi banchi di sardine sono inseguiti da delfini e pesci spada. Le foreste ospitano le uniche popolazioni di gorilla presenti al mondo. E in tutti questi luoghi abitano tribù come gli Himba, i San, i Masai, i Samburu e un’infinità di altri gruppi etnici che lottano per continuare a vivere secondo le loro tradizioni ataviche.
I creatori del paesaggio
Fattore attivo tra i più importanti dell’ambiente africano sono gli elefanti, le cui rotte migratorie alimentano gli ecosistemi. I loro escrementi sono un nutrimento essenziale sia per gli animali sia per la vegetazione. I pachidermi, infatti, digerendo ciò che ingeriscono solo in minima parte, lasciano sui terreni che attraversano un eccellente concime. Il loro passaggio agisce come un bulldozer: distruggono ogni piccolo albero e arbusto che incontrano, ma lasciano dietro di sé i semi e il fertilizzante necessari per generare un’enorme prateria; quest’ultima attirerà un gran numero di erbivori e di carnivori, che rimarranno in quell’area fino aquando la vegetazione non si sarà esaurita e il ciclo ricomincerà nuovamente.
- Nella stagione delle piogge il paesaggio è meraviglioso, ma l'abbondanza di vegetazione può rendere difficile l'individuazione degli animali. Kenya. Grandi aerei. —
- li elefanti eliminano la vegetazione sul loro cammino e, allo stesso tempo, contribuiscono a rigenerare l'ecosistema. Zimbabwe. —
- In alcuni lodge, come questo in Botswana, i pachidermi si avvicinano molto all'uomo. Grandi pianure. —
- Un safari a piedi richiede molta pazienza e una pausa nel South Luangwa.
Un safari può essere affrontato comodamente a bordo di un grande 4x4 (oggi sono elettrici e silenziosi); a piedi, nell’ambito di un’organizzazione detta safari mobile, e perfino a cavallo. Ci sono molte opzioni e modalità, dal non muovere quasi un piede al non fermarsi mai.
Il safari tradizionale combina viaggi con aerei leggeri e spostamenti su confortevoli fuoristrada. Si vola da un punto all’altro dei parchi per poi muoversi in loco con auto dotate di caricabatterie USB, borse frigo, binocoli che possono essere anche a infrarossi, sacchi pieni di riso per stabilizzare le macchine fotografiche, faretti per gli avvistamenti notturni e ogni altro tipo di strumentazione funzionale e di comfort.
Il safari a piedi richiede una complessa logistica poiché tutto il campo, con i servizi, le brandine e i materassi, le docce, la cucina e il cibo, deve essere montato e smontato ogni giorno. C’è un’intera squadra di supporto e tutto il safari è condotto da guide specializzate. Si percorrono distanze più brevi, ma si vive un’esperienza unica e coinvolgente con la massima garanzia di sicurezza.
Simili a piccoli hotel, i lodge sono strutturati in cottage indipendenti, in genere composti da camera da letto con bagno, soggiorno, e a volte anche terrazza e piscina. Di solito c’è una casa centrale dove si consumano i pasti, che spesso è anche il punto di incontro per organizzare i safari. Esistono lodge di tutti gli standard e gli stili, soprattutto nell’Africa meridionale.
Forse la sistemazione più affascinante è il campo tendato, sia che offra soluzioni semplici ed essenziali sia che sorprenda per il livello delle attrezzature e la ricercatezza e il gusto degli arredi. Alcuni accampamenti sono fissi e costruiti su piattaforme, altri sono mobili, altri ancora stagionali e vengono smontati e spostati ogni tre mesi per seguire la transumanza degli animali.
Infine, in aree come la Tanzania, il Sudafrica, lo Zambia e lo Zimbabwe esistono pochi ma eccellenti villaggi privati con lussuose ville dotate di cuoco, guide, veicoli e ogni altra desiderabile comodità.
Quasi tutti hanno una pista di atterraggio propria o in condivisione con i lodge limitrofi.
In Tanzania, alcuni dei nostri alloggi preferiti sono il Singita Serengeti Faru Faru e il Grumeti Serengeti River Lodge. In Kenya, nel Masai Mara, nella Riserva Olare Motorogi, ci piacciono il Mara Plains Camp e l’Arijiju. In Ruanda, il Singita Kwitonda Lodge. Nel Delta dell’Okavango, in Botswana, Jack’s Camp e Okavango Explorers Camp. In Namibia, Little Kulala Lodge e in Zimbabwe Tembo Plains e Mana Pools.
Parco nazionale o riserva privata
Per decidere il tipo di safari, è importante infine conoscere la differenza tra un parco nazionale (come i famosi Kruger, Masai Mara, Serengeti o Etosha) e un’area di conservazione o riserva privata. Un parco nazionale è regolamentato e i safari si possono fare solo dall’alba al tramonto e a bordo di un veicolo. È vietato scendere e bisogna seguire delle regole di guida lungo percorsi definiti in precedenza. Il vantaggio è che in questi contesti gli animali sono abituati alle auto e sono abbastanza rilassati, cosa che consente di avvicinarli notevolmente e di poterli osservare con molto agio.
Un’area di conservazione è una zona di solito molto estesa (più o meno della dimensione di una provincia in un qualsiasi Paese europeo), dove alcuni campi gestiscono l’organizzazione. L’obiettivo è proteggere l’ecosistema e spesso trasformare un’attività economica locale come l’allevamento in un’economia dove la popolazione del posto guadagna dagli introiti generati dalla salvaguardia delle specie e dal turismo. Queste aree hanno una densità molto bassa di visitatori e di veicoli ed essendo regolate diversamente dai parchi nazionali consentono esperienze come safari notturni, escursioni a piedi e, in alcune zone, passeggiate a cavallo. Questa esclusività è di solito accompagnata da un costo più elevato rispetto a quello di un parco nazionale.